Intervista alla Dott.ssa Rossana Cirillo.
La vulvodinia

Vulvodinia: una patologia ancora poco conosciuta.

Vulvodinia e vestibolodinia rientrano nella grande famiglia del
Dolore Pelvico Cronico e si presentano come sindrome dolorosa  vulvare in assenza di alterazioni vulvari clinicamente visibili e di patologia neurologica evidente.

Nonostante già nel 1800 fossero stati descritti alcuni sintomi riconducibili a questa patologia, bisogna aspettare il 1880 per avere notizia di una  prima diagnosi, ma è soltanto alla fine degli anni settanta del secolo scorso che la patologia diventa oggetto di approfondimento da parte degli specialisti.

Da recenti indagini epidemiologiche americane risulta che circa il 15% delle donne è colpita da questo disturbo nel corso della vita, in media fra i 17 e i 40 anni, ma la percentuale potrebbe verosimilmente essere maggiore, perché spesso la patologia non viene riconosciuta e diagnosticata a causa di una inadeguata preparazione degli specialisti.

 

Abbiamo intervistato la Dott.ssa Rossana Cirillo, specialista in Ginecologia e Ostetricia, che da anni si occupa di vulvodinia e disturbi da dolore da attività sessuale presso il suo ambulatorio di Genova. Le informazioni sul suo curriculum professionale sono reperibili sul sito Internet www.ilpuntogyn.it.

 

Perchè è difficile diagnosticare la vulvodinia?

 

Perché prima di tutto bisogna conoscerla. Con il termine vulvodinia viene indicato un bruciore o un dolore cronico, continuo o intermittente, localizzato nell’area vulvare. Può manifestarsi in assenza di fattori conosciuti, e presentarsi in risposta ad un qualsiasi stimolo fisico (abbigliamento stretto, sfregamento occasionale, rapporti sessuali, ecc).

In particolare, il bruciore si manifesta con modalità e intensità diverse – da esito di ustione a sensazione di fiamma che brucia- ed è il sintomo riferito con più frequenza dalle pazienti.

Spesso alla visita ginecologica convenzionale non si riscontra nulla di obbiettivo: non sono presenti infezioni o traumi e tutti gli esami di routine sono negativi. I sintomi si manifestano in modo subdolo e non sono riconducibili ad alterazioni patologiche clinicamente evidenziabili.

Per questo la vulvodinia è stata a lungo classificata  fra i disturbi di origine psicosomatica, misconosciuta dai ginecologi e ignorata anche dai sessuologi. Non se ne faceva cenno nelle classificazioni dei disturbi sessuali e solo di recente è emersa l’esigenza di comprenderne la patogenesi ed elaborare percorsi diagnostico-terapeutici dedicati.

Ad oggi sono stati compiuti molti passi avanti e la ricerca prosegue, ma è ancora necessario insistere sulla formazione dei professionisti, troppo spesso impreparati ad affrontare il problema.

 

In cosa si differenzia la vestibolodinia?

 

La vestibolodinia interessa principalmente le mucose che circondano l’ingresso vaginale, e viene quindi considerata una forma localizzata di vulvodinia, che invece colpisce quasi interamente la regione vulvare, comprendendo il perineo e la zona anale.

 

Si conoscono le cause di questa patologia?

 

Il dolore fisico ha pressoché sempre una causa biologica che può non essere immediatamente visibile e necessita di un esame medico obbiettivo, appropriato e competente.

Per la vulvodinia è stata avanzata l’ipotesi di una predisposizione genetica ma le cause rimangono ancora parzialmente sconosciute.

Spesso la vulvodinia è una risposta eccessiva agli stimoli infiammatori ed è causata da una disfunzione nella percezione del dolore provocato dalla contrazione muscolare o dalla ipersensibilità delle terminazioni nervose.  Può manifestarsi in forma isolata (come unico sintomo) oppure in associazione ad altre malattie o infezioni ginecologiche, quali ad esempio infezioni da Candida, endometriosi, sindrome della vescica dolorosa/cistite interstiziale, ma anche a sindrome del colon irritabile, fibromialgia, emicrania, disturbi dell’umore e patologie neurologiche.

 

La vulvodinia può essere curata?

 

Certamente, è possibile intervenire ma non esiste una terapia standardizzata. Gli interventi terapeutici devono essere calibrati sulla singola paziente, tenendo conto della specificità della sua malattia e dell’eventuale concomitanza di altre patologie.

Le strategie terapeutiche possono avvalersi di farmaci diversi, e oggi disponiamo anche della tecnica di elettrostimolazione antalgica, così come può essere indicata la riabilitazione della muscolatura del pavimento pelvico.

Spesso è necessario il coinvolgimento di più figure professionali che mettano in atto tutte le opzioni terapeutiche per eliminare la sintomatologia e contribuire al miglioramento della qualità di vita delle pazienti.

In molti casi risulta utile anche il supporto di uno psicoterapeuta.

Le donne colpite da vulvodinia soffrono frequentemente di isolamento e incomprensione con pesanti ripercussioni sulla  vita sociale e di coppia. E’ quindi fondamentale instaurare  un rapporto di fiducia e ascolto fra la paziente e il medico che accompagnerà il percorso di cura, e che potrà dare tutti i consigli utili, sia  igienici sia comportamentali, per aiutarla a riacquistare la normalità nella vita quotidiana e una sessualità libera dal dolore.

Per questo ci si deve affidare a professionisti competenti e preparati, che siano in grado di affrontare il problema in tutti i suoi aspetti e, quando necessario, coinvolgano altri specialisti nell’iter terapeutico. Purtroppo in Italia i centri specializzati sono ancora pochi.

 

Come possiamo aiutare le donne che soffrono di vulvodinia?

 

Aiutiamo le donne parlando del problema e aumentando la consapevolezza e l’informazione, anche dei loro partner.

La vulvodinia è una malattia, e come tale deve e può essere curata. Internet svolge un ruolo molto importante nella divulgazione e oggi è possibile trovare in rete informazioni chiare e dettagliate.

E poi ci sono le associazioni di volontariato, medici e pazienti che insieme si dedicano con impegno alla diffusione di una informazione corretta e a promuovere attività di ricerca e di formazione medica.

Anche in questo caso, come in moltissimi altri, l’alleanza fra medico e paziente può fare la differenza e dare un contributo significativo per migliorare la situazione. L’obbiettivo comune rimane il riconoscimento completo di questa patologia, anche da parte delle Istituzioni, e il suo inserimento nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) e nei percorsi formativi delle figure sanitarie.

 

L’intervista è stata realizzata grazie alla collaborazione con l’Associazione VIVA – Vincere Insieme la VulvodiniA www.associazioneviva.org