Cause della Vulvodinia e Terapia
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Quali sono le cause della Vulvodinia?

E’ considerata l’ipotesi di una predisposizione genetica ad un’eccessiva risposta agli stimoli infiammatori; può essere presente una dermatite atopica con intolleranza ai farmaci applicati localmente fino al punto da riportare un drastico peggioramento della sintomatologia.

 

Quasi sempre nella storia clinica della paziente viene riferito come causa scatenante episodi ripetuti di candidosi e infezioni della vescica recidivanti. Abitudini inappropriate quali pantaloni aderenti, slip, body, collant facilitano il contatto prolungato delle secrezioni vaginali a livello vulvare favorendo irritazioni croniche.

 

In molte di queste pazienti si registra un abbassamento della soglia del dolore a livello centrale; tale disposizione amplifica i segnali dalla periferia con l’attivazione di risposte emotive quali ansia e paura e neurovegetative come l’ipertono muscolare. E’ frequente che si manifestino sintomi psicosessuali quali mancanza di desiderio con scarsa lubrificazione o dispareunia per l’ipertono dei mm del pavimento pelvico.

 

A volte in anamnesi  sono presenti traumi a livello vulvo-perineale dovuti a cadute accidentali, esiti cicatriziali di suture di episiotomie o lacerazioni da parto. Più frequentemente ci troviamo di fronte a una storia di ripetuti trattamenti fisici come laser o diatermocoagulazione  per la terapia di condilomatosi. In questi casi si suppone che gli effetti arrivino troppo in profondità causando un danno alle terminazioni nervose del dolore.

 

Nelle donne affette dalla malattia il nervo pudendo che interessa il vestibolo vaginale e la vulva presenta fibre aumentate per volume e numero configurando il quadro di una neuropatia periferica.

 

Terapia

 

A tutt’oggi non esiste una terapia standardizzata della vulvodinia; data la multifattorialità della sindrome, qualsiasi intervento deve essere calibrato sulla singola paziente e può coinvolgere più figure professionali contemporaneamente o in tempi successivi.

 

Al Ginecologo il compito di avvalersi e modulare di volta in volta i contributi di urologo, anestesista, chirurgo plastico, fisioterapista, dietologo, sessuologo per eliminare i sintomi e migliorare la qualità della vita della paziente.

 

Il rapporto che si stabilisce tra medico e paziente è fondamentale: nel colloquio il medico si pone in ascolto con un atteggiamento non direttivo ma empatico e la donna può  liberamente esprimere i suoi vissuti senza paura di essere giudicata. Trovare chi da senso e credibilità al racconto delle proprie sofferenze è già il primo passo verso la guarigione.

 

Compito del ginecologo è quello di spiegare alla paziente le complesse origini della malattia e, nel rispetto della specificità di ognuna calibrare i vari momenti terapeutici. Questi spaziano dalle norme igieniche e comportamentali mirate ad eliminare, per quanto possibile, i fattori  locali irritanti fino alle diete a basso contenuto di ossalati.

 

E’ altresì previsto l’uso di farmaci quali gli anticonvulsivanti e gli antidepressivi triciclici per trattare la neuropatia periferica.

 

Per il trattamento di quest’ultima, in base ai più recenti studi del Dr. F. Murina, Direttore scientifico dell’Associazione Italiana Vulvodinia, è risultata di particolare efficacia la tecnica TENS (Elettrostimolazione antalgica).

 

Nei casi più gravi e resistenti a ogni tipo di terapia sono previste varie tecniche di blocco del nervo pudendo con l’interevento dell’anestesista.

 

Cos’è la terapia vulvovestibolite?

 

Più specificatamente, nella terapia della vulvovestibolite, ci si avvale di infiltrazioni locali con anestetici e cortisone, utili in caso di dolore intenso ma localizzato.

 

Ridimensionato l’uso dell’interferone, per la presenza di importanti effetti collaterali, si sono ottenuti buoni risultati con il botulino, per ridurre l’ipertono dei mm perineali che molto spesso è presente in questa malattia e contribuisce in modo decisivo al mantenimento dei sintomi.

 

La vestibulectomia, totale o parziale, tecnica di ablazione chirurgica su cui in un primo tempo si erano riposte molte speranze è stata quasi completamente abbandonata per la notevole invasività e a fronte dell’elevato rischio di insuccesso e di complicanze.

 

Un capitolo a parte riguarda la terapia psicosessuale che può risultare assai efficace in molti i casi di vulvodinia per la frequente associazione, in queste donne, di esperienze  sessuali traumatiche o negative che hanno generato fobie, blocchi energetici e conflitti verso il partner.

 

Con gli esercizi di Kegel, da praticare sul lettino ginecologico, la paziente impara a riconoscere lo  stato di tensione cronica dei mm del perineo e apprende a contrarli e a rilassarli volontariamente.

 

Successivamente si praticherà lo stretching del pavimento pelvico associato al movimento ritmico del bacino e a una respirazione rilassata e consapevole. In questo modo il corpo si libera, le tensioni accumulate nel bacino si sciolgono, e si possono avvertire sensazioni piacevoli a livello della vulva, invertendo la consuetudine al dolore e modificando cosi il vissuto corporeo.

 

Continua a leggere la Rubrica: Vulvodinia

Parte 1 – Il dolore sessuale nella donna e la Vulvodinia

Parte 2 – La storia della Vulvodinia